L’ANEURISMA DELL’ARTE
Vincenzo Trione, che i nostri lettori hanno imparato a conoscere, è editorialista estemporaneo e saggista di fondo, dotato di limpido acume critico e severa passione; comunicatore esemplare grazie alla dote, rara, di sapere e volere informare: ieri per argomentare a colloquio con Gillo Dorfles sul tema del melting pot scaturito dal trionfale kitsch scenico della stagione post-moderna; oggi per cogliere con l’occhio al presente e al domani la sconvolgente vicenda mentale (causa aneurisma cerebrale) patita da Krauss, per anni considerata “tra i più temuti e severi critici d’arte americani
Il merito odierno di Trione, a cui facciamo riferimento, è quello di chi, posto di fronte all’accidente clinico che ha colpito la Krauss nel ‘99, ha fatto motivatamente propria con riferimento all’arte contemporanea, la diagnosi autobiografica da lei elaborata – una volta uscita dal coma – circa le proprie dissociazioni intellettive e gli scompensi mnemonici sofferti. Diagnosi, per la cronaca, trasferita dalla stessa Krauss alla condizione dell’arte contemporanea, in un suo ultimo recente libro intitolato Sotto la tazza blu (Bruno Mondadori Editore), con l’intento di denunciare in lucidi frammenti e aforismi esemplari l’analogo morbo che affligge le sorti di tanta arte contemporanea. Morbo che, a parer nostro, convinti come siamo da Trione (e non solo) sembra sconvolgere la stessa legge di natura enunciata al tempo suo dal Goethe, di una – per così dire – innata sintassi delle forme: sintassi che connota e accomuna, nella miriade delle loro tipologie, le diversificate realtà dell’universo.
Quella sintassi di cui, oggi, il selvaggio “tilt” della memoria, storica e organica, degli artisti contemporanei (e dei loro fan) mostra di ignorare l’esistenza.
L’articolo dedicato da Trione alla Krauss, apparso su La Lettura del Corriere della Sera in data 12 novmebre 2012, con l’annuncio del citato libro della Krauss suonava perentoriamente così: L’ANEURISMA DELL’ARTE.
Da oggi, forse, tra persone di buona fede, sarà più facile intendersi. LIBRO DI CARTA O E-BOOK Non passa giorno senza che figuri nei giornali un servizio più o meno ampio, più o meno motivato, dedicato alla questione del rapporto proporzionale, presente e futuro, fra il libro di carta e il libro elettronico. A prescindere dalla speranza che il clamore mediatico imbocchi la strada della composizione fra le due suddette ipotesi editoriali, il caso vuole che, d’oltre Oceano, giunga notizia di una terza ipotesi, destinata nelle intenzioni – quanto meno nell’ambito dei grandi numeri – aspegnere le ragioni del contendere.
L’ipotesi, strabiliante, nasce dalle ricerche del biologo americano George Church – nome ignoto ai più – che avrebbe, con l’aiuto dei suoi stretti collaboratori, ottenuto di trascrivere il suo ultimo, ponderoso libro, su di una particella di DNA : ciò, avendo prima allestita una stampante a getto d’inchiostro “modificata” – per così dire – al fine di “spruzzare” frammenti di codice genetico su di un clip di vetro. Dicono le cronache specializzate, in particolare quelle del Wall Street Journal, che l’evento sia in grado di modificare dalle fondamenta le sorti stesse del neonato E-book.
Volendo scendere al particolare – pur nei limiti invalicabili della nostra personale incompetenza – va riferito che l’operazione messa in atto dal Church è approdata alla traduzione, nella lingua dei cromosomi, di 53426 lemmi (con le rispettive illustrazioni), del libro dello stesso ricercatore, intitolato Regenesis. In particolare, precisano gli esperti da cui prendiamo alla lettera 2 queste informazioni, che la copia digitale del Regenesis sarebbe stata suddivisa in minuscoli blocchi di 90 bit, ciascuno dei quali recherebbe la guida per ricostruire il documento. Detto con parole più accessibili, il materiale trascritto secondo le sequenze originali assumerebbe il ruolo svolto ai suoi tempi dall’arcaico nastro magnetico.
Tra gli scopi ipotizzabili dell’intera operazione ci sarebbe l’esigenza di ridurre drasticamente l’ingente mole delle informazioni digitali, giunte ormai alla vigilia della saturazione del sistema praticabile.